"SOCIALISMO TRICOLORE"

E’ opinione diffusa fra gli studiosi e i commentatori politici, soprattutto di relazioni internazionali, che nei primi Anni Ottanta emerse un’Italia di tipo nuovo: uno Stato capace di qualche energia con una incipiente coscienza di un ruolo italiano da esercitare nella politica internazionale, con un risveglio di valori e traguardi nazionali che sembravano perduti o dispersi dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale. A questo “nuovo corso” della politica italiana è opinione diffusa fra gli analisti politici che un significativo contributo venne dal ministero della Difesa affidato, per la prima volta nella storia del nostro paese, a un esponente socialista.

Ministro della Difesa dal 4 aprile 1980 al 4 agosto 1983, il socialista Lagorio perseguì alcuni obiettivi che vennero comunicati al Parlamento poche settimane dopo l’assunzione dell’incarico:


Sul piano strategico, dove le relazioni Est-Ovest erano allora particolarmente incandescenti:


I primi Anni Ottanta sono gli anni della grande sfida degli euromissili, del terrorismo che aggredisce anche uomini, impianti e simboli militari, delle prime spedizioni militari all’estero dopo la fine della seconda guerra mondiale, con una flottiglia della Marina in Mar Rosso e una brigata dell’Esercito in Libano. Sono gli anni del devastante terremoto nell’Italia del Sud, della lotta politica interna portata a livelli di notevole asprezza (il PSI aveva contribuito in modo determinante alla rottura del quadro politico del “compromesso storico”) e di accesissime polemiche proprio sugli obiettivi e la gestione della Difesa. E’ anche il tempo dello scandalo della P2, che coinvolse alcuni settori del mondo militare, e del caso Ustica. Lo scandalo della P2 per quanto riguarda la Difesa venne rapidamente risolto, il caso Ustica invece emergerà in tutta la sua complessità soltanto nella seconda metà del decennio.

Il ministro socialista riuscì a fronteggiare gli eventi e a tener fede al programma annunciato nonostante le eccezionali difficoltà di quel tempo. Fu sostenuto sempre dal presidente Sandro Pertini che dal Quirinale non gli ha mai lesinato il suo appoggio anche nei momenti più accidentati. Il programma presentato alle Camere fu realizzato integralmente, ad eccezione dell’ingresso delle donne nelle forze armate. Su quest’ultimo punto si registrò una tenace opposizione di vasti settori pacifisti e no, del mondo cattolico e della sinistra comunista ed estrema che a quel tempo consideravano il servizio militare femminile una inaccettabile concessione al maschilismo e alla concezione militarista della società. Tale opposizione non venne superata anche perché mancò il tempo. Il Parlamento fu infatti sciolto con un anno di anticipo rispetto alla sua scadenza naturale.

I risultati del lavoro svolto alla Difesa si videro in Parlamento – dove vennero approvate decine di leggi innovatrici e di riforma attese da lungo tempo – e nell’ambito NATO, dove il consiglio dei ministri europei della Difesa affidato alla presidenza del ministro italiano dette un consuntivo giudicato positivo nelle capitali atlantiche (1982). Lagorio a quel momento aveva già stabilito buone relazioni personali con i principali esponenti degli Stati alleati (dall’Inghilterra alla Francia, dalla Germania alla Spagna) e con la Jugoslavia del dopo-Tito e aveva intessuto una rete di contatti amichevoli con vari paesi del bacino mediterraneo, nel Vicino Oriente, in Egitto e nel Corno d’Africa. L’America - dove Lagorio si era recato due volte e dove nei colloqui riservati con l’establishment americano aveva avuto modo di illustrare il significato della imminente svolta politica italiana con l’avvento di un premier socialista - propose allora il ministro italiano come mediatore nell’annoso contenzioso greco-turco che indeboliva l’ala meridionale dello schieramento occidentale. Il primo ministro greco Papandreu dette sùbito la sua adesione, ma l’iniziativa non ebbe sviluppi solo perché il governo italiano rassegnò le dimissioni con le elezioni politiche del 1983. La proposta americana non fu più rinnovata.

In Italia si parlò in quel tempo di “socialismo tricolore”, vista la considerazione che, tramite le iniziative del ministro della Difesa, il partito socialista riservò allora a valori e ideali della tradizione risorgimentale e patriottica. Fin dal momento del suo ingresso al ministero, Lagorio volle dare un segnale di cambiamento modificando il consueto cerimoniale di saluto che prevedeva una visita rituale al Milite Ignoto. Prima di tale visita, che fu tuttavia organizzata con maggiore solennità, il nuovo ministro volle rendere omaggio al monumento che a Palidoro, nella campagna romana, ricorda il sacrificio del brigadiere dei carabinieri Salvo D’Acquisto e si recò alla Fosse Ardeatine e a Porta San Paolo dove reparti dell’esercito italiano e volontari romani difesero Roma dopo l’8 settembre 1943. Il nuovo cerimoniale non è però entrato nella consuetudine di tutti i successivi ministri della Difesa. In séguito ebbero particolare risonanza alcuni eventi voluti dal nuovo ministro: il raduno dei paracadutisti a Livorno dove Lagorio, rivendicata la sua fede socialista, esaltò i coraggiosi della divisione “Folgore” caduti a El Alamein e l’incontro di Alessandria con i reduci di Russia della divisione “Ravenna”, la manifestazione a Trento per celebrare Cesare Battisti, la grande assemblea di San Pellegrino in omaggio alla divisione “Acqui” immolatasi a Cefalonia. Fece notizia, raccolta in particolare dalla stampa estera, la corona di fiori che il ministro volle deporre in un piccolo cimitero di guerra austriaco sul Carso, lo stesso giorno (4 Novembre) in cui l’Italia, da lui rappresentata, rendeva onore a Redipuglia ai caduti italiani della 3.a Armata del Duca d’Aosta. Allo stesso modo venne registrato con significativa sottolineatura il raduno a Medea, nella valle dell’Isonzo, delle rappresentanze diplomatiche e militari dei 22 paesi che nella Grande Guerra si erano trovati su fronti contrapposti. In quella occasione, per la prima volta, nonostante la grande frattura della “guerra fredda”, picchetti in armi degli eserciti dell’Est europeo furono fianco a fianco coi reparti militari dell’Occidente. Particolare risalto ebbe infine l’iniziativa del ministero della Difesa che proclamò il 1982 – primo centenario della morte dell’Eroe dei Due Mondi - “Anno del Generale Garibaldi” e promosse una serie capillare di manifestazioni in tutta Italia per rievocare il vittorioso patriota che aveva costruito l’unità italiana legandola ad una prospettiva di progresso democratico e sociale. In tale quadro, nel maggio 1982, a Palazzo Barberini, in Roma, si tenne un alto convegno internazionale di studi “Garibaldi generale della libertà” i cui atti sono stati raccolti in volume.

Sempre nel 1982, in novembre, fu organizzata a Firenze nell’aula magna della Scuola Sottufficiali dei Carabinieri una assemblea nazionale per affrontare i temi dell’identità italiana . Il raduno, che ebbe una buona eco sulla stampa, era stato intitolato “Forza Italia”.

Fra il 1982 e il 1983 le cronache politiche riferirono la voce che in qualche ambiente politico era stata presa in considerazione la candidatura del ministro della Difesa a Presidente del Consiglio dei ministri.

L'azione del ministero della Difesa entrò a lungo nel mirino dei gruppi terroristici che la condannarono aspramente più volte nei loro accesi documenti sulla strategia del "partito armato" e sulla lotta all'imperialismo. Contro il ministro fu organizzato un attentato che venne però sventato dalle forze di sicurezza e dalla magistratura che ordinò una serie di arresti a Firenze. Gli indagati si dichiararono "prigionieri politici" e appartenenti al "comitato toscano delle Brigate Rosse" (testimonianza del magistrato Tindari Baglione alla Commissione parlamentare Stragi - presidente Pellegrino - 21 marzo 2000)



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