Diario di un combattente in Libia

Nel 1911, al canto di "Tripoli, bel suol d'amore" il Corpo di spedizione italiano si imbarcò per la Libia.
Il diario del Ten. Stefano Longo, raffigurato nello schizzo sopra riportato, inizia nel sttembre 1912, dedicato alla Divisione "Lequio", che, dopo aver battuto ad Assaba i seguaci di Suleiman El Baruni, percorse a piedi tutto l'altipiano dal Gebel Garian al Gebel Nefusa, discese da Nalut verso il mare a Bir Scebania poco lungi dal confine tunisino; quindi discese per Titzi, Losch, Scek-Suk, Kasr el Hagg, Bir el Ganem e fece ritorno ad Aziziah .

Le truppe coloniali parteciparono a pieno titolo alla spedizione. Alle operazioni parteciparono insieme ai battaglioni nazionali anche i battaglioni eritrei, che confermarono la loro assoluta fedeltà alla nostra Bandiera.
All'inizio o al termine dei cicli operativi, alcuni reparti furono fatti sostare a Napoli e passati in rassegna dal Re. A tutti venne concesso nel 1912 l'uso di un gagliardetto, in sostituzione della Bandiera nazionale che nessun paese europeo riteneva opportuno permettere allora a truppe indigene.

I graduati eritrei vennero utilizzati nel delicato compito di dar vita alla componente libica delle truppe coloniali. Le prime bande irregolari, arruolate nel 1912, furono bande montate a cavallo. Le forze della tripoletania compresero, a fianco di sei battaglioni di fanteria, ben sette squadroni di Sawari (cavalieri) ed uno squadroni di Meharisti. In Cerenaica a due compagnie di ascari si contrappose uno squadrone. La cavalleria si suddivise in Sawari e Spahis, che vestivano e combattevano nella maniera araba tradizionale. Le truppe cammellate si divisero in sahariani della tripoletania e meharisti della cerenaica.

L'Italia riuscì a resistere alla reazione guidata dai Senussi grazie ai nostri soldati indigeni, in particolare degli eritrei perché i libici arruolati dovettero essere sgomberati in Sicilia con le rispettive famiglie, poiché per loro la situazione era divenuta molto pericolosa. Negli anni dal 1920 al 1930 l'Italia si dedicò alla riconquista della Libia. Il Governatore De Vecchi diede vita nel 1924 ad una specialità denominata "Bande Armate di Confine" meglio conosciuta con il nome di "Dubat" (turbanti bianchi). I Dubat erano a mezza via tra le truppe regolari e quelle irregolari. La loro principale caratteristica consisteva nell'estrema leggerezza di armamento e di equipaggiamento che consentiva spostamenti rapidissimi.

A sinistra:
un Dubat. Erano soldati scelti fra
i migliori guerrieri delle tribù nomadi e
dettero sin dal primo momento
ottimi risultati.


A destra:
i gagliardetti concessi alle unità
combattenti in Libia (in alto).
In basso, l'arruolamento delle
prime bande in Libia.

Indice del
museo virtuale

Home Page


Copyright © 2000 Collezioni-f.