UNIFORMI & UNIFORMOLOGIA: ELEMENTI
di Cosimo VuerichSecondo una certa uniformologia, le prime uniformi si dovrebbero situare attorno al 1422, con l'incoronazione di Carlo VII re di Francia, con l'evidente "uniformità" delle sue guardie del corpo che indossano sulla corazza una sorta di corsaletto a bande verdi-rosse-bianche e pennacchi sull'elmo nella stessa alternanza di colori.
Pur accettando che si cerchi di parlare di uniformologia in senso moderno tale datazione sembra, a molti, decisamente dubbia.
Il termine divisa è considerato più generico e non strettamente inerente all'ambito militare. In sostanza, l'uniforme è un modo di vestire comune che indica l'appartenenza a un determinato gruppo militare, eventualmente a un particolare reparto o specialità o funzione. Per molto tempo l'uomo non ha avuto una tale necessità. Nelle società primitive ogni individuo era chiamato a combattere per la propria sopravvivenza, e il fatto che si trattasse di gruppi numericamente limitati con la conseguente intercoscienza, ed immediata individuazione dell'estraneo, risolveva uno degli scopi dell'uniforme, ossia distinguere i membri del proprio gruppo dagli altri, eventualmente nemici.
Ma l'aumentare numerico dei gruppi umani e la loro vaga differenziazione etnica resero necessario comunque creare delle distinzioni. E' documentato, presso molte culture, l'uso delle tinture di guerra, con cui il cacciatore assumeva la funzione di guerriero, spesso sacra in quanto di difesa del proprio popolo, magari agente di qualche divinità all'uopo invocata. Il che, volendo, ci porta ad un primo esempio di uniforme, fatta sì di acconciature e di colori, ma comunque tale, in quanto quelle particolari pitture ed acconciature ci mostrano indubbiamente un guerriero, che sia armato o meno.
Uno degli ostacoli ad accettare questa tesi è che chi pensa alle uniformi pensa in termini di divise, giubbe, pantaloni, cappelli o berretti, ma questa ottica non è applicabile ai tempi antichi.
Se l'esercito egiziano del 1870 veste i suoi cacciatori seguendo la moda militare francese, all'epoca imperante, i guerrieri dei faraoni indossano solo gonnellino e copricapo di lino, come ogni altro egiziano dell'epoca. Ma questo non impedisce che statuette, pitture, giocattoli, ci mostrino questi guerrieri, o forse meglio dire soldati, in quanto facenti parte, e al servizio, di uno Stato, e da esso armati, con la stessa forma di tenuta, di armento, e copricapo a righe bianche e rosse.
Qualcosa di simile avveniva nell'antica Grecia. Spesso, per motivi culturali, in particolare religiosi, i guerrieri combattevano nudi, ma con elmo, elementi di corazza, come gli schinieri, a protezione delle gambe, e del torso, e soprattutto scudi. Questi ultimi di solito recavano dei disegni che indicavano infallibilmente l'appartenenza del guerriero a una Città Stato, Tribù o gruppo militare: una clava per i tebani, una rosa per i rodioti, l'alfa per gli spartani, che indossavano anche mantello e tunica rossa, una corazza con elementi biachi e neri, cresta dell'elmo orizzontale a bande nere e bianche. Quindi, pur incontrandoci con l'araldica, è difficile non definire queste uniformi.
L'evolversi delle strutture sociali dei vari gruppi umani vede la nascita, dovuta a necessità di difesa o di espansione, del guerriero a tutto tondo. Questo è reso possibile anche dalla capacità (a volte alquanto alterna, a dire il vero) di alcuni gruppi umani di potersi nutrire in forma abbastanza adeguata, senza essere costretti ad impiegare ogni singolo individuo nel procacciare cibo; complice anche la creazione di gruppi interni di potere nelle società un po' più evolute, e quindi fazioni, lo sviluppo di gruppi umani sempre più numericamente ampi e distanziati, cosa che eliminava il concetto della conoscenza interpersonale come elemento identificativo di funzione e carica: nasce così la necessità di identificare, nel nostro caso, il guerriero tale ed effettivo.
In genere, e a lungo, bastavano armi e prestanza fisica per identificare tale figura. Ma questo non soddisfaceva determinate necessità. In molte società tutti gli uomini che godevano dei diritti potevano portare le armi, ma questo non voleva dire che mentre lo facessero servissero la comunità, o Stato che fosse.
Di conseguenza, si iniziano a distinguere i guerrieri che comunque stanno svolgendo il loro servizio di guardia, oltre che dal loro armamento spesso completo, e che lo fanno in nome di un autorità superiore comunemente riconosciuta, per quanto eventualmente discussa. Questo concetto di rappresentanza di autorità superiore, oltre all'intrinseco materiale della presenza del guerriero è un concetto molto affascinante. Un altro elemento fondamentale del significato dell'uniforme: chi si confrontava con un guerriero del genere non si trovava di fronte più solo un combattente, più o meno valido, più o meno pericoloso, ma quale elemento rappresentativo, eventualmente, un'intera Nazione. Per chiarire, come oggi, quando vediamo l'uniforme di agente di polizia vediamo in lui elemento di ordine o repressione, vediamo carceri e tribunali, così nell'antica Roma, in cui era proibito stare armati, i littori con i loro fasci e ascia rappresentavano l'intera autorità del Popolo Romano, un elemento di prestigio e simbolo di potere unici, eppure erano solo uomini con una tunica corta rossa e un fascio di verghe alquanto scomodo da portare, ma in quei simboli c'era appunto tutta la storia di Roma.
Crollato l'impero romano, in Occidente per secoli la necessità di uniformi è alquanto assente, i gruppi che si disputano le terre, i Popoli che lo fanno, sono etnicamente riconoscibili, germanici, abbastanza arretrati da far comunque uso di pitture di guerra, tatuaggi, acconciature maschili particolari, e di solito dispongono di vesti e di armamenti abbastanza omogenei nei propri guerrieri. Inoltre questi conquistatori conservano, o tentano di farlo, quanto rimane delle strutture statali romane, e sottomettono, ma non annientano, le popolazioni già romane, in quanto vorrebbero godere del miraggio di benessere rappresentato dal defunto impero romano occidentale, e non distruggerlo. Nel fare questo proibiscono alle popolazioni conquistate il porto o l'uso di armi mentre ogni uomo libero delle proprie tribù è virtualmente un guerriero e in quanto in terra di conquista ed occupazione porta le armi. Così ogni uomo, ogni guerriero, vandalo, longobardo, franco, etc. rappresentava per gli occupati, i sottomessi, già qualcosa di più di se stesso. Aveva tutto il peso della forza, spesso selvaggia, del suo Popolo in quanto figura intoccabile, e tra l'altro, in genere facilmente fisicamente identificabile.
Nel medioevo fa la sua comparsa l'araldica, ossia i segni, disegni, simboli, che distinguono gli appartenenti a un gruppo minore, devoto a un proprio capo, o addirittura un singolo individuo. E' un epoca in cui anche i re non hanno propri eserciti permanenti, ma solo milizie personali, a volte molto limitate, e quello che i feudatari pongono loro a disposizione, ma sempre con proprie insegne.
La situazione cambia con le crociate. ma si rimane sempre nel campo dell'araldica; una croce rossa per i crociati inglesi, azzurra per gli italici, bianca per i francesi, verde per i fiamminghi, ma è una distinzione solo indicativa e mutevole. In effetti, spesso i feudatari, o anche singoli cavalieri, facevano vestire i propri armati di una vera e propria uniforme. Questo aveva diversi risvolti pratici: riconoscibilità, prestigio, e di conseguenza potere, ma anche costi, e per questo appunto prestigio, in quando indice di potere economico. Ma si trattava di forze molto limitate.
La vera differenza, spesso molto poco considerata, la fanno gli Ordini Monastico-Militari. Da sempre nella chiesa i monaci, ed anche il basso clero, hanno uniformità di abito, per motivi pratici, per devozione. I Templari, i primi monaci-guerrieri, creano una grande frattura e una mai sopita discussione nella Chiesa, per quanto riguardava il fatto di versare sangue; a tal proposito i religiosi che erano anche feudatari o che comunque ritenevano di dover combattere per qualche loro diritto, a volte molto poco pio, risolvono il problema usando arma da botta, come mazze ferrate, spade particolari, ecc...; adottano una completa tenuta bianca, candida, con croce rossa, simbolo di purezza nell'assoluta devozione a Dio al Suo sacrificio per l'Umanità. Segue la militarizzazione degli Ospedalieri, i futuri Cavalieri di Malta, che indossano al momento abito monacale nero e croce bianca, la fondazione dei Fratelli dellOspedale di Santa Maria dei Teutoni a Gerusalemme, i Cavalieri Teutonici che adottano la croce nera su veste bianca, e perciò deve addirittura intervenire il Papa perché i Templari smettano di urtarsi con i Teutonici per questo. I Templari protestano perché molti scambiano i Teutonici per membri dell'Ordine templare e che quindi ogni loro azione negativa ricade sui "poveri cavalieri di Cristo" mentre i teutonici godono dalla patente di prestigio che accompagna le candide vesti templari che hanno adottato. A questi si uniscono tanti altri Ordini e Confraternite altamente gerarchizzate ed organizzate, e che cercano, in genere, la più umile uniformità in quanto al servizio dell'Essere che la vanità di vesti ricche e colorate allontana, nostro Signore Iddio.
Comunque negli Stati laici l'uniforme tarda a farsi adottare. In realtà questi stati sono poveri ed approssimativi come strutture; solo nel 1670 Luigi XIV decide che la Francia debba vestire, oltre che le classiche guardie personali di tutti i regnanti, le proprie truppe con un'uniforme, limitandosi a sciarpe da portare alla vita o da una spalla, o poco più, una forma economicamente anche pratica e discretamente valida per riconoscibilità, ma assolutamente inadeguata per molti altri versi.
Un'uniforme vuol dire anche essere parte di un'organizzazione, e comunque l'essere vestiti alla stessa maniera ha molte ricadute pratiche sulle prestazioni dei soldati, oltre che disciplinari. Indossare un uniforme nel Settecento, nell'Ottocento, e del resto ancora ai nostri giorni, voleva dire essere prigionieri di un meccanismo superiore da seguire in ogni caso: ribellarsi vuol dire farsi stritolare da esso, con l'uniforme si è indossata una nuova pelle che la disciplina, spesso spietata, non di rado abbietta ed ingiusta, rende impossibile togliersi di dosso, con essa si è dato, volenti o nolenti, un taglio alla vita precedente e si è schiavi del destino che la nuova riserva.
Le uniformi del 1700-1800 sono in genere molto vistose: solo la fanteria leggera, i cacciatori o Jäger, conservano, in genere, il verde, in quanto destinati all'esplorazione e all'imboscata. Il motivo del fiorire di uniformi sgargianti e varie, tanto che viene difficile credere come fosse distinguibile a prima vista un esercito da un altro, risiede nel fatto che la polvere da sparo in uso all'epoca produce molto fumo e che dopo le prime scariche di fucileria si riesce a malapena a distinguere delle macchie di colore, che solo un occhio esperto può correttamente identificare e da ciò capire l'evolversi della battaglia. Inoltre le belle uniformi attirano reclute e danno prestigio al sovrano che le pone in campo. Certo si sviluppano delle distinzioni legate ad alcune nazionalità, ad esempio le uniformi inglesi hanno una preminenza di rosso, quelle francesi di bianco, negli esercirti reali, di blu in quelli rivoluzionari ed imperiali, quelle austriache di bianco, quelle prussiane di nero, ma in ognuno di questi eserciti vedono reggimenti e contingenti vestiti nei colori piuttosto dei nemici che propri, e quindi l'uniformologia, lo studio delle uniformi, e dei suoi particolari diviene una materia di assoluta necessità per ufficiali e cultori degli avvenimenti militari. Tra l'altro nell'1800-1900 la moda militare ha ripercussioni su quella civile, l'austerità di alcuni tagli, alcune caratteristiche, genere polsini e taglio delle maniche, interi capi in origine militari, come giubbotti, alcuni cappotti sono elementi che ancora ci vestono.
Con la Grande Guerra i colori appariscenti lasciano posto al Feldgrau tedesco, grigio luccio, Hechtgrau, austriaco, al bleu horizon francese, al grigioverde italiano, tonalità di grigio verde o grigio azzurro che dovrebbero confondere nella nebbia e sul terreno i militari che indossano uniformi in tali colori.
Oramai, da tempo, Nobel ha inventato delle polveri da sparo che non producono più tanto fumo e perciò il soldato non ha più bisogno di uniformi sgargianti, ma al contrario di uniformi dai colori che si possano confondere negli ambienti in cui è chiamato ad operare tanto per garantirgli qualche possibilità di sopravvivenza in più.
Con la Seconda Guerra Mondiale le uniformi vistose e colorate, tranne casi particolari come quelle dei cosacchi sovietici o schierati col III Reich, vanno ormai a vestire solo in tempo di pace o per occasioni cerimoniali. Nascono le uniformi mimetiche. Ne fanno grande uso e studio le Waffen-SS naziste, che però arruolano praticamente ogni volontario straniero possibile, indiani, italiani, russi, inglesi compresi. Scopo precipuo delle tenute mimetiche Waffen-SS non è tanto nascondere nell'ambiente ma invece ingannare l'occhio di chi guarda che non deve riconoscere le forme reali di ciò che vede, ignorandole del tutto o quel tanto sufficiente a provocarne la fuga o l'attacco. Questa guerra vede lo sviluppo di un nuovo modo di vestire, ossia, capi base su cui aggiungere col freddo altri capi ed imbottiture, da alleggerire col caldo sino a restare in camicia o maglia, un concetto semplice ed estremamente efficace, eppure del tutto innovativo.
Con la comparsa di eserciti di grandi dimensioni, dalle tante nuove esigenze tecniche, si crea la necessità di tutta una serie di nuove insegne di reparto, di specialità, di arma, di funzione, che danno ulteriore sviluppo alla necessità di identificare tutti questi elementi e quindi di nuovo all'uniformologia di cui tutti abbiamo, incredibile a dirsi, una buona infarinatura. Non per nulla sappiamo distinguere un Carabiniere da una Guardia di Finanza, un soldato tedesco della seconda guerra mondiale da uno americano attuale, un legionario romano da un guerriero vichingo, e tutto questo senza ricorrere all'uniformologia francese o a sacche di memoria ancestrale, ma solo al nostro vivere comune e a qualche film o documentario, che ci dicono che dai tempi antichi ad oggi esistono guerrieri e soldati e un loro modo specifico di distinguersi che non sia il puro porto di armi..
Bibliografia Ridotta
V. Melegari, Armi e Uniformi, di tutti i tempi e di tutti i paesi, GO.G.ED, 1980
F. Poddu, Divise e armi leggere 1900-1918, Curcio Periodici, 1980
M. Roubicek, Early Modern Arab Armies, Franciscan Printing Press Jerusalem, 1977
N.V. Sekunda, Gli Antichi Greci, Edizioni del Prado 1999
M. Simkins, I Guerrieri Romani, Fratelli Melita Editori, 1991
J. Warry, Warfare in the Classical World, Greenwich Editions 2001
Uniformes, Les Armées de l'Histoire, N°64, 1981
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