*Mussolini. I giorni di Salò
Autore: Ray Moseley
Nulla da fare, signori. Cala il sipario... Ho provocata la fortuna, si è rivoltata. Ho evocato la violenza, mi si è gettata contro centuplicata.
Ho sfidato il mondo, è stato più forte di me.
Ho disprezzato gli uomini, si sono vendicati... Ho lottato sino allestremo. Mi hanno vinto...
Andiamo dove si deve andare. E vi andrò senza recriminazioni, senza odio, senza orgoglio. Addio.
Benito Mussolini
Il 25 luglio 1943, larresto di Mussolini, al termine di un incontro con il Re e poche ore dopo la conclusione di una storica seduta del Gran Consiglio, sancì ufficialmente la fine del Regime.
Il 28 aprile 1945, la sua fucilazione chiuse per sempre la parabola tragica del fascismo e del suo fondatore.
Moseley racconta il drammatico epilogo del Ventennio seguendo Mussolini nel periodo disperato e febbrile di Salò: i 600 drammatici giorni in cui il Duce che ha sempre ragione cercò di sopravvivere insieme alla sua piccola Repubblica, fino allinutile fuga, in una gelida primavera, lungo le sponde del lago di Como.
Attraverso un sapiente intreccio di documenti e testimonianze (alcune fino a oggi sorprendentemente trascurate) e una narrazione rigorosa e appassionante, lautore ci descrive Mussolini giorno dopo giorno, mentre affonda lentamente nellimpotenza, nella rabbia, nella vergogna e nella depressione, ci rivela alcuni aspetti inediti del suo carattere e della sua vita privata, ci guida alla scoperta della vera identità del suo carnefice e infine ricostruisce la storia (e la sorte) del suo famoso tesoro.
Ray Moseley, è stato corrispondente europeo per il Chicago Tribune da Roma, Mosca, Londra, Nairobi, Berlino, Belgrado, Il Cairo e Bruxelles. Nel 1981 ha ottenuto il secondo posto al premio Pulitzer per corrispondenti esteri. Attualmente vive in Inghilterra, e in Italia ha pubblicato presso Mondadori lacclamato Ciano, lombra di Mussolini (2000).
Indice
Ringraziamenti pag.7
1-Lultimo spettatore pag.11
2-Dopo la caduta pag.19
3-La nascita della Repubblica di Salò pag.47
4-La sorte degli ebrei romani pag.71
5-Mussolini e Claretta pag.87
6-Una famiglia molto infelice pag.105
7-Galeazzo Ciano e Edda pag.115
8-Problemi su tutti i fronti pag.129
9-La guerra partigiana si sviluppa pag.159
10-Il Duce e gli ebrei pag.179
11-La liberazione di Roma pag.193
12-Unestate terribile pag.205
13-Ancora atrocità e disperazione pag.239
14-Ho rovinato lItalia pag.259
15-I negoziati segreti pag.271
16-Alla ricerca di una via duscita pag.295
17-Le speranze di pace sul piatto della bilancia pag.305
18-La sconfitta e la paralisi incombono pag.325
19-Una momentanea mancanza di sangue freddo pag.339
20-La caduta del fascismo pag.347
21-La fuga e la cattura pag.383
22-Mussolini domato: il prigioniero cortese pag.405
23-Sono venuto per fucilarli pag.423
24-Lesecuzione del Duce: un giallo pag.443
25-Piazzale Loreto: un epilogo vergognoso pag.477
26-La resa tedesca pag.495
27-Gli omicidi in riva al lago e loro di Dongo pag.511
28-Il misterioso dossier su Churchill pag.523
29-I morti mettono le ali pag.537
30-Epilogo pag.557
-Cronologia pag.565
-Dramatis personae pag.573
-Bibliografia pag.579
-Indice dei nomi pag.585
Mussolini. I giorni di Salò
Collana I Leoni
ISBN 88-7180-588-7
pagg. 608
Prezzo euro 29,00
Traduzione dallinglese di Diana Mengo
Dal Libro
Capitolo 1
Lultimo spettatore
Lavoro e faccio sforzi, pur sapendo che tutto non è che una farsa.
Benito Mussolini
Alla fine dellinverno del 1945, Benito Mussolini si ritrovò a essere profondamente consapevole del fatto che la sua vita avesse ormai fatto il proprio corso e che davanti a lui rimanessero solo qualche settimana o qualche mese dangoscia, che avrebbero sicuramente portato altri disastri, altre sconfitte. Era dumore nero e aveva iniziato a parlare della morte che si avvicinava in modo quasi ossessivo. Avrebbe potuto aggrapparsi a un filo di speranza nella sopravvivenza, ma era come se fosse in una stanza senza vie duscita. Le forze armate tedesche che avevano sostenuto il suo governo fantoccio fin dalla sua creazione, nel settembre del 1943, erano state inesorabilmente spinte fuori dallItalia, le frontiere della sua repubblica fascista si restringevano pressochè quotidianamente e lui era consapevole che alle sue spalle i capi militari tedeschi stavano negoziando con gli Alleati nella Svizzera neutrale. Con le forze sovietiche e quelle degli Alleati occidentali che dilagavano inesorabilmente verso il cuore dellimpero nazista, la Germania non costituiva più un possibile rifugio, nè Mussolini ne cercava uno. Era determinato a morire nel suo paese. In febbraio, rendendosi conto con improvvisa chiarezza dellinevitabile distruzione di tutto ciò per cui aveva vissuto, Mussolini soffrììdi quello che il suo dottore tedesco definì esaurimento nervoso e la sua forza fisica e mentale si deteriorò notevolmente. Dormiva male, mangiava poco ed era tornato ancora una volta magro, come quando aveva sofferto dulcera . Ormai, guardava alla morte probabilmente come a un gradito sollievo. Dal momento in cui, nel luglio del 1943, era stato destituito e arrestato, poi salvato dai tedeschi e costretto da Hitler a prendere nuovamente le redini del governo, Mussolini era diventato una figura infelice, preso nella morsa del livore, della vergogna e della depressione. I tedeschi avevano perso la fiducia in lui e lo umiliavano quasi quotidianamente, negandogli qualsiasi reale esercizio di potere, brutalizzando e addirittura schiavizzando la sua gente, rubando patrimoni e risorse al suo paese. Lui odiava alcuni dei fascisti che lo circondavano, odiava il luogo in cui viveva in remoto isolamento vicino al Lago di Garda, il più malinconico di tutti i laghi italiani, un posto che non aveva scelto lui. La sua vita privata era turbolenta come sempre. A volte, lui e Rachele, la moglie contadina, si incrociavano freddamente nella villa che dividevano senza riconoscere lesistenza luno dellaltra . Claretta Petacci, la sua amante, viveva a dieci chilometri di distanza in unaltra villa sul lago e i momenti di conforto con lei erano pochi.
La morte mi è diventata amica, non mi spaventa più. La morte è una grazia di Dio per chi ha sofferto troppo. [ ] Per me non si apriranno le porte se non per la morte. Ed è anche giusto. Ho sbagliato e pagherò, se questa mia povera vita può servire da paga. Così si era confidato Mussolini con Madeleine Mollier, moglie delladdetto stampa dellambasciata tedesca e volontaria della Croce Rossa in un ospedale militare tedesco in Italia. Lo aveva intervistato per una rivista tedesca nel 1938, quandera allapice del potere a Roma, e lui se lo ricordava bene: Sette anni fa ero ancora un personaggio interessante. Adesso sono un defunto. La Mollier aveva ottenuto il suo permesso a intervistarlo e fotografarlo di nuovo, una delle ultime interviste che avrebbe dato e un documento eccezionale dal momento che non presentava alcuna traccia di egoistiche dissimulazioni o distorsioni dei fatti. Poteva essere più franco di quanto lo fosse mai stato prima, perchè in realtà parlava dalla tomba; le aveva chiesto di non pubblicare nulla fino a dopo la sua morte, e solo nel 1948 la Mollier lo fece. Le disse: Sì, signora. Sono finito. La mia stella è tramontata. Lavoro e faccio sforzi, pur sapendo che tutto non è che una farsa. [ ] Aspetto la fine della tragedia e, stranamente distaccato da tutto, non mi sento più attore; mi sento come lultimo spettatore. Disse di aver iniziato a morire nel gennaio del 1944, quando gli estremisti fascisti del suo regime lo avevano obbligato ad acconsentire allesecuzione di suo genero ed ex ministro degli Esteri, il conte Galeazzo Ciano, dopo che questi aveva contribuito a farlo destituire dalla carica. Ciò aveva portato alla rottura con Edda Mussolini Ciano, la figlia prediletta, una rottura dolorosa per entrambi e a cui non verrà posto rimedio durante larco della sua vita. Lagonia è atrocemente lunga. Sono il capitano della nave in tempesta. La mia nave si è spezzata. Mi trovo nellOceano furioso, su un rottame. Questimpossibilità di agire, di rimediare! Nessuno sente la mia voce Adesso mi rinchiudo nel silenzio. Ma un giorno il mondo mi ascolterà» .
Aveva sessantuno anni e, nel ventitreesimo anno della sua leadership, era ormai vecchio e ridotto a unombra della dinamica figura petto in fuori e mascella spinta imperiosamente in avanti che un tempo aveva tenuto assoggettate milioni di persone. Aveva portato unItalia arretrata nel mondo moderno, aveva elettrizzato unintera nazione con la sua oratoria, era stato ampiamente ammirato allestero e le sue ambizioni di conquista si erano inizialmente guadagnate lapprovazione del suo popolo. Era un uomo di genio, come i suoi ammiratori non erano mai stanchi di declamare nei giorni della sua gloria, ma oramai questa descrizione suonava vuota:. Il Duce ha sempre ragione era stato lo slogan guida del regime fascista, affisso sui muri e sui pali della luce in tutto il paese. Luomo che aveva aspirato a essere un moderno Cesare, a condividere con Hitler il dominio dellEuropa, a portare via un pezzo di Francia e annetterlo allItalia, a essere il responsabile dal pugno di ferro del Mediterraneo e a creare un impero in Africa, era stato ridotto al ruolo di governatore provinciale nel suo stesso dominio che andava svanendo. A volte parlava con amarezza di se stesso come del sindaco della cittadina di Gargnano dove era costretto a vivere. Persino questa poteva sembrare unesagerazione del suo potere. I tedeschi sorvegliavano la villa in cui viveva, i tedeschi esercitavano il totale controllo sul campo di battaglia, i tedeschi gli censuravano i giornali e monitoravano le sue telefonate, i tedeschi nominavano i funzionari provinciali senza consultarsi con lui, i tedeschi ignoravano le sue rimostranze sulla condizione in cui era stato ridotto. Ancora più rilevante, Mussolini si descriveva spesso come prigioniero a Gargnano. La sua vita era una lunga e incessante umiliazione e, ancor peggio, lo stesso Hitler, che un tempo aveva guardato a lui con genuina ammirazione, ora lo ignorava e lo considerava di poco rilievo. Mussolini era altrettanto deluso dal dittatore nazista che, a sua volta, aveva fallito; ma manteneva, o fingeva di mantenere, una fede infantile nel fatto che le armi segrete naziste allultimo momento sarebbero state svelate e avrebbero portato a una vittoria miracolosa.
A causa del suo stesso folle comportamento, Mussolini aveva perso quasi tutto ciò che aveva cercato di ottenere nella vita, aveva perso la maggior parte dei suoi seguaci e alla fine aveva perso la volontà di vivere. Sono luomo più odiato dItalia disse al suo segretario Giovanni Dolfin, alla fine del 1943 4. A un amico disse: Se io promettessi a ogni italiano delle monete doro, nessuno mi crederebbe. Se le facessi versare nelle loro mani, le prenderebbero, ma intimamente sarebbero convinti della loro falsità. E quando un esperto garantisse loro che fossero di puro metallo prezioso, allora penserebbero che loro non vale più nulla .
Una volta si era vantato del fatto che le frontiere italiane sarebbero state protette da otto milioni di baionette, ma ormai i tedeschi tenevano in cosììscarsa considerazione il suo piccolo misero esercito che andava costantemente diminuendo a causa delle diserzioni che fino a quel momento gli avevano persino negato il permesso dimpegnarsi nella battaglia vitale per il controllo dellItalia.
Ma Mussolini non avrebbe semplicemente aspettato la morte in modo passivo. In marzo disse a Ottavio Dinale, un amico sindacalista che aveva incontrato per la prima volta in Svizzera allinizio del secolo, che gli Alleati non lavrebbero mai preso vivo . Mentre la loro offensiva guadagnava terreno verso il Nord e la conquista totale dellItalia, lui era rapito dallimmagine romantica di unultima resistenza in Valtellina, una valle presso il confine svizzero, dove avrebbe portato 50.000 fascisti armati per battersi fino alla morte. Sarebbe stata una Termopili fascista, ma senza speranza di successo. Lidea era stata promossa da Alessandro Pavolini, il fanatico che era stato scelto da Mussolini come segretario del Partito Fascista. Aveva convocato molte riunioni di fascisti e tedeschi per discutere il piano. In ogni occasione i tedeschi si erano risolutamente professati contrari e il ministro delle Forze Armate, il maresciallo Rodolfo Graziani, non meno di loro. Tuttavia, Mussolini si aggrappò a quellidea.
Il 20 marzo rilasciò unaltra intervista daddio, questa volta al giornalista Ivanoe Fossani. Eccentricamente, chiese a Fossani dincontrarlo alle nove di sera sullisola di Trimellone, nel Lago di Garda, forse lunico posto in cui riteneva di poter parlare lontano dai dispositivi dascolto tedeschi. Il tono sconcertato dellintervista con la Mollier fu sostituito da recriminazioni e giustificazioni mentre rimuginava sotto le stelle. Mussolini addossava la colpa della caduta del fascismo allegoismo di industriali e finanzieri italiani, si lamentava dellostilità di Francia e Inghilterra nei confronti dellItalia prima della guerra e difendeva la sua alleanza con la Germania. Ma rimproverava a Hitler di non averlo ascoltato di più. Aveva reagito con entusiasmo allinvasione dellUnione Sovietica da parte di Hitler, e si era volontariamente offerto di mandare dei soldati italiani sul fronte di battaglia, ma ora diceva di essersi opposto. In Germania tutti mi disprezzano, tranne Hitler, che ha ancora per me del rispetto. Disse di essere stato prigioniero dei tedeschi per tutta lesistenza della sua piccola repubblica e che, se Hitler e la Germania fossero stati in grado di vincere la guerra, Mussolini e lItalia lavrebbero ugualmente perduta. Temeva che la Russia, una volta entrata in possesso dellEuropa centrale, non potesse essere scacciata; veramente americani e inglesi non riuscivano ad avvertire questo grande pericolo?
Espresse ammirazione per i lavoratori comuni e disprezzò la classe media che aveva contribuito alla sua caduta. Le stelle dei dittatori durano poco tra i popoli latini. In altri popoli, invece, la dittatura è una necessità organica. [ ] Credo di avere nobilitato la dittatura. Tuttavia, osservò amaramente, Stalin è in piedi e vince, io cado e perdo. Poi tornò allargomento della sua morte: Chi teme la morte non è mai vissuto, e io sono vissuto anche troppo. [ ] Io andrò dove il destino mi vorrà. [ ] Dopo la sconfitta io sarò coperto furiosamente di sputi, ma poi verranno a mondarmi con venerazione. Allora sorriderò, perchè il mio popolo sarà in pace con se stesso.
Queste ultime interviste introspettive rivelano un uomo rassegnato alla morte, ma affatto sereno. Un altro loro aspetto notevole è ciò che è assente dai pensieri di Mussolini. Si fissa sulla fine del suo posto nella storia, sui suoi successi e i suoi fallimenti, sulla morte che si avvicina, sul tradimento della sua causa da molte parti. Ma non esprime alcun pensiero o preoccupazione per il futuro del suo popolo in un paese sconfitto, nessuna opinione su come gli italiani potessero tirarsi fuori dal dilemma di quel momento e ritrovare la strada per un ruolo gratificante e dignitoso nella nuova Europa. È unesibizione veramente narcisistica. Forse sarebbe troppo aspettarsi che un uomo simile porgesse al suo popolo delle scuse per i propri errori, ma manca addirittura qualsiasi elemento di compassione.
A metà aprile, Mussolini aveva finalmente deciso di liberarsi dallisolamento del Lago di Garda e di agire. Sarebbe andato a Milano, e da lì si sarebbe poi spostato in Valtellina. Ma prima di lasciare Gargnano, ebbe unaltra conversazione con Dinale. Fu unultima parola daddio sulla sua vita e sul suo ruolo.