La messa del cardinal Tettamanzi. L' urna con la salma sarà deposta sul sagrato
Don Gnocchi oggi (25 ottobre 2009) diventa beato
In piazza Duomo mutilatini e reduciPer la celebrazione del «prete imprenditore» attesi 50 mila fedeli
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Dal fronte russo, nell'inverno del '42-43, don Carlo Gnocchi scriveva al cugino Mario: «Ho saputo che la radio ha detto molto dell' epica impresa della Tridentina. Ma solo chi ha vissuto quei giorni può rendersi davvero conto della grandezza degli alpini...». Ci saranno anche loro, i reduci di quella terribile campagna, questa mattina in piazza Duomo. Una ventina in tutto, in mezzo a una folla di cinquantamila fedeli. A rendere omaggio al loro cappellano. Che oggi diventa beato. Cerimonia solenne. Con quindicimila penne nere (quelle con pass, ma ne sono attese molte di più), protagoniste di due momenti della mattinata: porteranno a spalla l' urna di don Gnocchi dalla chiesa di San Bernardino alle Ossa fino al Duomo. E, dopo averla deposta sul sagrato della cattedrale, intoneranno i cori «Stellutis Alpinis» e «Signora delle nevi». Gli alpini in piazza Duomo. Come nel 1956, durante i funerali di don Gnocchi, celebrati dall' allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI. E anche oggi, come allora, con loro ci saranno i mutilatini, i disabili, i fratelli delle Scuole Cristiane, l' istituto Gonzaga, l' Aido (Associazione italiana per la donazione degli organi). E tutte le parrocchie vicine alla «baracca» del sacerdote «che più milanese non si può». Appuntamento alle dieci, quando l' arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, con duecentoundici concelebranti, presiederà la liturgia di beatificazione alla presenza del Legato pontificio monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Quarantamila fedeli muniti di pass. Diecimila posti a sedere. E, fuori dalle transenne, almeno altre diecimila persone. Parteciperanno alla cerimonia il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, Giovanni Bazoli, Presidente Consiglio di Sorveglianza Intesa San Paolo, il viceministro Ferruccio Fazio, il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, il sindaco di Milano Letizia Moratti, il presidente della Provincia, Guido Podestà, il rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi. I numeri della manifestazione: 250 volontari in servizio, due chilometri di transenne in piazza Duomo, venti ambulanze, un punto di assistenza sanitaria. Avviso ai milanesi: oggi la fermata Duomo della metropolitana rimarrà chiusa dalle 6 alle 14. La Messa terminerà intorno alle 11.45. Per mezzogiorno è previsto il collegamento (via maxischermo) con San Pietro per l' Angelus di Papa Benedetto XVI. Sarà una mattinata di emozioni, di preghiera, di canti. In nome di «un indimenticato esempio di impegno a favore di quanti si trovano, senza alcuna colpa, in condizioni di disagio fisico e sociale», come ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. In nome del prete che cercò Dio tra gli uomini.
Sacchi Annachiara (25 ottobre 2009) - Corriere della Sera
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La lettera
Eminenza reverendissima, con filiale confidenza, permetta che io le dica tutto il mio rammarico nel veder riaffiorare continuamente in lei la convinzione che io sia un irrequieto. Ma da che cosa può venire questo giudizio? Non certo dal mio... stato di servizio. Ventun anni di sacerdozio, 11 come coadiutore e 10 come direttore spirituale al Gonzaga. Per la varietà del mio lavoro? E che colpa ne ho se non so, e non posso dire di no, alle generose offerte di bene che mi fa la divina provvidenza? Del resto, anche in questa cosiddetta varietà di apostolato io, dinnanzi a Dio, ho sempre conservato una precisa coerenza. Sono andato cappellano militare non per spirito di avventura o per patriottismo, ma perché un sacerdote che in quegli anni si occupava di giovani non poteva esimersi dalla loro sorte. Dopo la guerra mi sono occupato della Resistenza e mi do tuttora alla carità verso i reduci, gli orfani ed ora i bambini mutilati sempre per un superiore vincolo contratto con quelli che hanno fatto la guerra e ne portano duramente le conseguenza. Perché, eminenza, era molto facile e qualche volta brillante dire ai soldati: "Fate il vostro dovere in nome di Dio e la divina provvidenza non vi abbandonerà". Ma ora quelle promesse mi impegnano come una cambiale firmata dinanzi a Dio. Ed io cerco di pagarla come posso.... Bisogna aver sofferto con loro quello che io ho sofferto in Russia e altrove per comprendermi e giustificarmi. Non appena avrò pagato il mio debito di carità e di giustizia verso di loro, entrerò nella vita comune. Voglia perdonarmi, eminenza, questo sfogo confidenziale. La sicurezza di essere compreso me l' ha suggerito. Don Carlo
Gnocchi CarloBiografia di don Carlo Gnocchi
L'infanzia
Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico Gnocchi, marmista, e Clementina Pasta, sarta, nasce a San Colombano al Lambro, presso Lodi, il 25 ottobre 1902. Rimasto orfano del padre all'età di cinque anni, si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli, Mario e Andrea, che di lì a poco moriranno di tubercolosi. Seminarista alla scuola del cardinale Andrea Ferrari, nel 1925 viene ordinato sacerdote dall'Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. Celebrerà la sua prima Messa il 6 giugno a Montesiro, il paesino della Brianza dove viveva la zia, dove tornava spesso nei periodi di vacanza e dove, fin da piccolo, aveva trascorso lunghi periodi di convalescenza, lui di salute così cagionevole
Assistente ed educatore
Il primo impegno apostolico del giovane don Carlo è quello di assistente doratorio: prima a Cernusco sul Naviglio, poi, dopo solo un anno, nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano. Raccoglie stima, consensi e affetto tra la gente tanto che la fama delle sue doti di ottimo educatore giunge fino in Arcivescovado: nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l'Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. In questo periodo studia intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia.
La guerra
Sul finire degli anni Trenta, sempre il Cardinale Schuster gli affida l'incarico dell'assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano, comprendente in buona parte studenti dell'Università Cattolica e molti ex allievi del Gonzaga. Nel 1940 l'Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione "Val Tagliamento" degli alpini, destinazione il fronte greco albanese.
La campagna di Russia
Terminata la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel 42 don Carlo riparte per il fronte, questa volta in Russia, con gli alpini della Tridentina. Nel gennaio del 43 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano: don Carlo, caduto stremato ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, viene miracolosamente raccolto su una slitta e salvato. È proprio in questa tragica esperienza che, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l'idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella Fondazione Pro Juventute.
Ritornato in Italia nel 1943, don Carlo inizia il suo pietoso pellegrinaggio, attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti per dare loro un conforto morale e materiale.
In questo stesso periodo aiuta molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita: lui stesso viene arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime.
Gli orfani e i mutilatini
A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti appena abbozzato negli anni della guerra: viene nominato direttore dell'Istituto Grandi Invalidi di Arosio e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l'opera che lo porterà a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di "padre dei mutilatini".
Ben presto la struttura di Arosio si rivelerà insufficiente ad accogliere i piccoli ospiti le cui richieste di ammissione arrivano da tutta Italia; ma, quando la necessità si fa impellente, ecco intervenire la Provvidenza. Nel 1947, gli viene concessa in affitto, a una cifra simbolica, una grande casa a Cassano Magnago, nel varesotto.
La Pro Infanzia Mutilata
Nel 1949 l'Opera di don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la "Federazione Pro Infanzia Mutilata", da lui fondata l'anno prima per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con Decreto del Presidente della Repubblica.
Nello stesso anno, il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove don Carlo consulente della Presidenza del Consiglio per il problema dei mutilatini di guerra. Da questo momento uno dopo l'altro, aprono nuovi collegi: Parma (1949), Pessano (1949), Torino (1950), Inverigo (1950), Roma (1950), Salerno (1950), Pozzolatico (1951).
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La Fondazione Pro Juventute
Nel 1951 la Federazione Pro Infanzia Mutilata viene sciolta e tutti i beni e le attività vengono attribuiti al nuovo soggetto giuridico creato da don Gnocchi: la Fondazione Pro Juventute, riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica l'11 febbraio 1952.
Nel 1955 don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno Centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura, nei pressi dello stadio di San Siro, a Milano.
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Laddio a un "santo"
Don Carlo, minato da una malattia incurabile, non riuscirà a vedere completata l'opera nella quale aveva investito le maggiori energie: il 28 febbraio 1956, la morte lo raggiungerà prematuramente presso la Columbus, una clinica di Milano dove era da tempo ricoverato per una grave forma di tumore.
I funerali furono grandiosi per partecipazione e commozione: quattro alpini a sorreggere la bara, altri a portare sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime.
Poi la commozione degli amici e conoscenti, centomila persone a gremire il Duomo e la piazza e lintera città di Milano listata a lutto. Così il 1° marzo 56 larcivescovo Montini poi Papa Paolo VI celebrava i funerali di don Carlo.
Tutti i testimoni ricordano che correva per la cattedrale una specie di parola dordine: Era un santo, è morto un santo. Durante il rito, fu portato al microfono un bambino.
Disse: Prima ti dicevo: ciao don Carlo. Adesso ti dico: ciao, san Carlo. Ci fu unovazione.
Lultimo dono
L'ultimo suo gesto profetico è la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti - Silvio Colagrande e Amabile Battistello - quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi. Il doppio intervento, eseguito dal prof. Cesare Galeazzi, riuscì perfettamente. La generosità di don Carlo anche in punto di morte e l'enorme impatto che il trapianto ebbe sull'opinione pubblica impressero un'accelerazione decisiva al dibattito. Tant'è che nel giro di poche settimane venne varata una legge ad hoc.
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La causa di beatificazione
Don Carlo Gnocchi diventerà ufficialmente beato il 25 ottobre 2009 nel corso di una solenne cerimonia che si terrà in piazza Duomo a Milano, a seguito dellannuncio con cui il Papa Benedetto XVI ha autorizzato nel gennaio 2009 la pubblicazione del decreto che attribuisce allintercessione di don Gnocchi il miracolo che ha visto protagonista, il 17 agosto 1979, un alpino elettricista di Villa dAdda (Bg) incredibilmente sopravvissuto a una mortale scarica elettrica. La cerimonia di beatificazione porterà a compimento il processo di canonizzazione avviato nell86 dal cardinale Carlo Maria Martini e svoltosi in oltre ventanni grazie allimpegno della diocesi di Milano, della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi e della Fondazione Don Gnocchi, che ha portato tra laltro al riconoscimento delleroicità delle virtù di don Gnocchi, quando, il 20 dicembre 2002, Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato venerabile.Per approfondire: www.dongnocchi.it
20 dicembre 2002, Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato venerabile
UDIENZA DEL PAPA
ALLA FONDAZIONE DON GNOCCHI:
CRONACA DI UN'ESPERIENZA EMOZIONANTE
Milano, 5 dicembre 2002. Emozione. Tanta, tantissima emozione. Accompagnata da altrettanta gioia. L'abbraccio con Papa Giovanni Paolo II non poteva essere più coinvolgente. L'udienza alla Fondazione Don Gnocchi dello scorso 30 novembre in Vaticano è stata il degno suggello di questo straordinario 2002, durante il quale si sono celebrati con numerose iniziative il centenario della nascita di don Carlo Gnocchi e il cinquantesimo anniversario di attività dell'Opera che oggi porta il suo nome.
Circa settemila le persone coinvolte: fra loro, ovviamente, i dirigenti, il personale, gli ospiti e i familiari dei ventuno centri italiani della Fondazione - guidati dal presidente monsignor Angelo Bazzari -, ma non solo. Il popolo di don Gnocchi si è arricchito della presenza di autorità civili (molti i sindaci e amministratori presenti, guidati idealmente dal primo cittadino di Milano, Gabriele Albertini), di autorità militari e religiose (fra cui il Cardinale Josè Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi; il vescovo ausiliare di Milano, monsignor Giuseppe Merisi; il Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini), di numerosissimi alpini, di esponenti dell'Associazione nazionale donatori di organi, di ex-allievi di don Carlo e di altre realtà a lui vicine. Gruppo dopo gruppo, carrozzella dopo carrozzella, l'aula Paolo VI si è riempita a poco a poco di persone giunte da ogni dove, che esibivano con orgoglio foulard della Fondazione, cappelli con la penna nera e labari degli alpini, gagliardetti dell'Aido. Una sorta di "corrente calda" che ha sfidato le levatacce, i disagi e l'acquazzone abbattutosi su Roma fin dalle prime ore del mattino.
Poi, una volta dentro, è toccato ai canti alpini del coro romano dell'Ana creare la giusta atmosfera, esplosa in un grande applauso nel momento in cui il Santo Padre è arrivato in Sala Nervi "scivolando" sull'ormai celebre pedana mobile. Camminare, si sa, è ormai una fatica troppo grande per il vecchio Papa. Nel vederlo, il pensiero è andato subito ai numerosi disabili giunti nel cuore del Vaticano proprio così: arrancando sulle carrozzelle, spinti e sorretti da altre mani e altre braccia, accuditi dai bravissimi volontari dell'Oftal durante la lunga trasferta in treno speciale e pullman. Tutti messi a dura prova da un viaggio faticoso.
Eppure, quel momento, quella mano del Papa che saluta e benedice la "baracca" di don Carlo, è come se avesse cancellato ogni fatica. Il saluto di monsignor Bazzari, la toccante testimonianza di Giordana, il discorso del Pontefice, il suo dialogare anche con gesti e sguardi, il tifo da stadio che accoglie i suoi saluti: tutti tasselli di un emozionante mosaico che rafforza l'atmosfera davvero unica di questa udienza. E infine il saluto del Papa agli ammalati e alle persone costrette su una sedia a rotelle, preceduto dalla consegna al Pontefice delle suppliche con cui Aido e alpini chiedono la beatificazione di don Gnocchi e dai numerosi doni e omaggi che gli sono stati offerti a nome di tutti i presenti, tra i quali un busto in argento di don Gnocchi, la medaglia commemorativa del centenario, un quadro con bassorilievo a ricordo del cinquantesimo della Fondazione, numerose pubblicazioni e scritti di don Carlo, un cappello d'alpino e altri significativi oggetti simbolicamente legati alla testimonianza di questo straordinario sacerdote.
Applausi. Sempre e ancora applausi hanno salutato l'uscita di Giovanni Paolo II dalla sala Nervi. Nel frattempo fuori non pioveva più. Un sole radioso ha accompagnato l'esodo ordinato dei partecipanti a questo grande appuntamento. Che sia anche questo un segno lanciato dall'alto da don Gnocchi?