Editoriale del numero 118
Settembre - ottobre 2004

A SETTEMBRE AL VITTORIANO A ROMA
LA MOSTRA DEDICATA AI VOLONTARI ASCARI

Il generale Luigi Ramponi, Presidente della commissione Difesa della Camera, ha fortemente voluto la mostra sull’epopea degli Ascari, che si è inaugurata ad Asmara nella Casa degli Italiani in luglio e riproposta a Roma, al Vittoriano, in settembre.
Figlio di un ufficiale che disegnò la cartografia da Asmara a Gondar, Ramponi ha vissuto da ragazzo in Eritrea, è convinto che gli Ascari “erano affezionati al tricolore, orgogliosi di battersi per l’Italia”, tanto da meritare rispetto e da onorarli con una mostra al Vittoriano.
Ha definito la mostra “il coronamento di un piccolo grande sogno”, ha sottolineato come questa retrospettiva celebri la bravura, l’eroismo e il valore dei volontari ascari che combatterono con lealtà al fianco degli italiani. Una lealtà ripagata con una modestissima pensione, che il generale Ramponi ha preannunciato verrà rivalutata con una legge già varata dalla Camera e che probabilmente dovrebbe presto ottenere anche l’approvazione del Senato.
Non si può non ricordare che gli Ascari sfilarono a Roma, in via dei Fori Imperiali il 9 maggio 1937, e che i meharisti sahariani a piazza Venezia resero omaggio al Milite Ignoto, durante l’ imponente e pittoresca parata dei reparti indigeni delle nostre truppe coloniali.
Insieme a quegli uomini di colore sfilava la storia delle nostre truppe indigene, iniziata nel 1885, quando furono arruolati i primi ascari eritrei, diventati leggendari per valore, dedizione e fedeltà all’Italia.
Erano inquadrati in reggimenti detti “ortu”, composti da compagnie e plotoni “buluk”, comandati da “sciumbashi”, sottufficiali.
Alla suggestiva parata dei nostri soldati africani parteciparono i meharisti sahariani, i “dubat” somali, gli ascari della fanteria, della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri, delle cavallerie eritrea e libica, tutti meno quelli paracadutisti e della Polizia, perché furono costituite l’anno successivo.
E’ interessante ricordare che con gli “ascari del cielo” è nato anche l’iniziale nucleo del paracadutismo militare italiano.
Nel corso della sfilata, uno spettacolo inedito e affascinante furono i cammelli dal portamento solenne e maestoso per le strade di Roma e quei misteriosi uomini del deserto, avvolti nei veli bianchi delle loro uniformi.
Questo corpo militare molto speciale era stato costituito in Somalia nel 1910 e impiegato nelle zone desertiche libiche, capace di percorrere fino a 200 chilometri al giorno.
Molto ammirati anche i “dubat” somali, snelli e scattanti, dal passo lungo, nerissimi di pelle ma bianchissimi nei turbanti e nell’abbigliamento; anche gli “zaptié”, i Carabinieri indigeni; anche gli ascari della Marina e gli ascari a cavallo, molto applauditi, anche gli ascari di fanteria, che sfilarono in allegro disordine cantando, ballando e agitando in aria i moschetti.
Suscitarono interesse anche gli ascari a cavallo in due versioni: i “savari” equipaggiati come la cavalleria nazionale e gli “spahis” secondo la tradizione indigena, armati di lancia o sciabola, fucile e pistola.
Mentre in Libia le truppe coloniali erano costituite da reparti nazionali e indigeni, in Eritrea e Somalia in tempo di pace operavano soltanto gli ascari, comandati da ufficiali e sottufficiali nazionali.
L’inquadramento prevedeva il “muntaz” equivalente al nostro caporal maggiore, il “bulukbasci” comandante di squadra, lo “sciumbasci” maresciallo intermediario tra il comandante e la truppa, padrone della lingua italiana.
Le nostre truppe indigene operarono soltanto in Africa, suddivise in reparti regolari e bande irregolari, i primi formati da militari e graduati indigeni, le seconde quasi indipendenti erano comandate da ufficiali italiani o da notabili arabi.

La sfilata a Roma si concluse in un grande clima di festa, con i romani che testimoniavano agli ospiti il loro entusiasmo, che poi negli anni successivi venne sopraffatto dagli infausti eventi bellici.
La mostra, dal titolo “Epopea degli ascari eritrei”, racconta attraverso testimonianze dirette le battaglie del periodo coloniale, con ricostruzioni in scala delle fortificazioni dell’epoca, armi, uniformi, fotografie, disegni, manifesti, copertine “Domenica del Corriere”, i simboli dei battaglioni, quaderni di scuola e anche giocattoli con su disegnati ascari.
In vecchie immagini gli ascari posano orgogliosi della loro divisa bianca di cotone, col “tarbusc” in testa e la fascia rossa attorno alla vita, in cui spesso inserivano anche le scarpe, preferendo combattere scalzi.
Al Vittoriano anche le quattro storiche bocche da fuoco perdute durante la sconfitta di Adua del 1896, riprese poi nel 1936, una uniforme originale di “ascaro di Finanza”, cimeli provenienti da Musei Militari e privati, proiezioni di filmati e immagini dell’Istituto Luce, per evidenziare l’opera civilizzatrice degli italiani in quella parte di Africa.

Pier Giorgio Franzosi




Editoriale del nr. 117 luglio-agosto 2004

Editoriale del nr. 116 maggio-giugno 2004

Editoriale del nr. 115 marzo-aprile 2004

Editoriale del nr. 114 gennaio-febbraio 2004

Editoriale del nr. 113 novembre-dicembre 2003

Editoriale del nr. 112 settembre-ottobre 2003

Editoriale del nr. 111 luglio-agosto 2003

Editoriale del nr. 110 maggio-giugno 2003

Editoriale del nr. 109 marzo-aprile 2003

Editoriale del nr. 108 gennaio-febbraio 2003

Editoriale del nr. 107 novembre-dicembre 2002

Editoriale del nr. 106 settembre-ottobre 2002

Editoriale del nr. 105 luglio-agosto 2002

Editoriale del nr. 104 maggio-giugno 2002

Editoriale del nr. 103 marzo-aprile 2002

Editoriale del nr. 102 gennaio-febbraio 2002

Editoriale del nr. 101 novembre-dicembre 2001

Editoriale del nr. 100 settembre-ottobre 2001

Editoriale del nr. 99 luglio-agosto 2001

Editoriali dei nr. 97 marzo-aprile 2001 e del nr. 98 maggio-giugno 2001

Home Page